domenica 10 maggio 2020
Quando mi capita di leggere qualcosa di Massimo Recalcati, non mi stanco mai delle sue parole.
Professore universitario, si forma all'Ateneo di Filosofia e successivamente approfondisce studi psicologici; mi affascinano moltissimo i suoi interventi a tarda sera sulle reti nazionali nei suoi ormai proverbiali Lessico familiare, Lessico Amoroso, Lessico Civile perché fornisce una visione sempre nuova e aperta della psiche umana che è sempre ed inscindibilmente legata con il Divino: grande uomo davvero, mi piace moltissimo.
Trovo l'articolo che è uscito tre giorni fa su La Stampa profondamente vero, un'analisi della nostra situazione davvero interessante che annienta tutti i banalismi secondo i quali ormai la fase della clausura è superata, di conseguenza possiamo lasciarci tutto alle spalle.
C'è invece qualcosa che lavora sotto, nelle profondità del grande popolo planetario e anche nelle profondità di ogni singolo individuo. Non c'è niente di superato finché dovremo adottare abitudini diverse, e sono abitudini che vengono interiorizzate e che scavano dentro.
C'è un trauma, come lo chiama lui, che deve essere elaborato e introiettato per porci verso il futuro; ma non è un trauma solo devastante o solo portatore di sofferenze e mutilazioni, almeno a parer mio. E' vero che quella che si sta presentando è un'occasione storica, ma non solo per le istituzioni, anche per tanti altri. Il trauma deve poter diventare suolo fertile!
Si dice che mentre si sta vivendo qualcosa di molto forte sia impossibile riuscire ad avere uno sguardo obiettivo, e sono concorde con questo, di solito occorre provare ad "allontanarsi" temporalmente da quella fase per riuscire a capire meglio e a districare la matassa. Penso che tutti noi siamo nel bel mezzo di questa fase.
Ho già detto più volte che non sento mia quella frettolosità nel voler definire subito cosa saremo, nel voler dare nomi, etichette e quant'altro. Saremo quello che dobbiamo essere nel momento opportuno, quando tutto questo presente sarà ormai lontano dietro di noi.
E resteremo comunque segnati perché ai nipoti racconteremo quello che abbiamo vissuto oggi: questo grande respiro del mondo che si è fermato per tutti.
Leggo con piacere che anche Recalcati si affida all'arte come possibile portatrice di nuova creatività, come cura delle ferite vive, perché sempre, o comunque spesso, nel corso della storia le più belle opere artistiche sono scaturite dalle più grandi sofferenze dell'anima, parti dolorosi di ben più dolorose ferite.
L'arte.
L'arte ci eleva e ci innalza!!!
La paura e l'incertezza sono necessarie per trovare la via da seguire.
La determinazione nel discernere l'essenziale dall'inessenziale un passo dovuto che dobbiamo, prima di tutto, a noi stessi.
https://www.massimorecalcati.it/images/Ritorno_allaperto_-_Massimo_Recalcati_-_La_Stampa_-_7_maggio_...